Maria nel Tempio: frammenti di un destino eccezionale

Portamento solenne, mani aperte e levate, sguardo fisso sul sommo sacerdote, nimbo dorato, maphorion blu bordato d’oro che la contraddistinguerà per l’eternità. Maria aveva tre anni quando fu presentata al Tempio, compimento della promessa che la madre Anna, nel reiterare la propria preghiera di essere benedetta con un figlio, pronunciò a Dio poco prima di ricevere l’annuncio dell’angelo.

La scena musiva della chiesa di Chora a Costantinopoli, ispirata al racconto dell’apocrifo Protovangelo di Giacomo, condensa l’iconografia classica della Presentazione della Vergine al Tempio, attorno all’architettura di una tipica chiesa bizantina con una barriera bassa di marmo, una porta centrale, e i gradini che conducono a un trono circolare protetto da un ciborio. I gesti sono misurati e allo stesso tempo ciascuno esprime una profonda umanità: Gioacchino e Anna che esortano Maria ad avanzare verso il sacerdote, quest’ultimo pronto a riceverla in un luogo dove l’accesso è concesso solo agli uomini, le vergini che con le lampade accompagnano la processione che con il gesto delle mani si accordano a questo importante momento.

L’iscrizione in greco Ta agia tōn agiōn – “Il Santo dei Santi” – è un annuncio teologico del destino eccezionale di Maria che, non solo godrà del privilegio di entrare e dimorare per anni nel Tempio, ma specialmente diventerà la Chōra Tou Achōrētou, la Dimora dell’Incontenibile. Grazie a un sofisticato meccanismo che coniuga architettura e iconografia, si esprime il mistero teologico della Vergine come nuovo Tempio.

Sotto il ciborio, seduta su un trono al centro del tempio, un’altra scena unica conferma l’esistenza straordinaria della futura Theotokos: un angelo in volo, a mezzo busto, appare da sinistra e le offre un pane rotondo. L’apocrifo Pseudo Vangelo di Matteo enfatizza la vita di preghiera di Maria nel Tempio: «Dalla mattina sino all’ora terza attendeva alla preghiera; dall’ora terza alla nona si occupava nel lavoro tessile; dalla nona in poi attendeva nuovamente alla preghiera. Non desisteva dalla preghiera fino a quando non le appariva l’angelo di Dio, dalla cui mano prendeva cibo. […] Inoltre, mentre le vergini più anziane si riposavano dalle lodi divine, essa non si riposava mai, al punto che nelle lodi e nelle veglie non c’era alcuna prima di lei, nessuna più istruita nella conoscenza della Legge, nessuna più umile nell’umiltà, più aggraziata nei canti, più perfetta in ogni virtù» (6.2).

I frammenti che i Vangeli apocrifi ci hanno tramandato sull’infanzia e giovinezza della Madre di Dio sono preziosi, e l’iconografia bizantino-ortodossa è stata capace di rendere omaggio a tali momenti, preservando il mistero divino che la accompagna. Nel mosaico di Chora, i gesti e gli occhi attirano la nostra attenzione: sembra quasi di poter percepire le parole che si sono rivolti e di intuire anche quelle non pronunciate, custodite nel cuore di ciascuno. Emoziona e suscita ammirazione la piccola Maria, avvolta nel suo maphorion ondeggiante, che a piccoli ma grandi passi, procede libera verso il proprio eccezionale destino.

Emanuela Fogliadini